Andamento stagione sci 2015-16 a luci ed ombre: a rischio le piccole stazioni.

Mi sono spesso interrogato sul futuro delle piccole stazioni sciistiche: chiudere o riciclarsi? Fondersi con le quelle vicine più grosse, mediante nuovi collegamenti (spesso fantasiosi…) oppure puntare sulle nicchie, come il freeride, le attività alternative, le famiglie? Nessuna località ha per ora avuto questo coraggio: lasciare le piste selvagge e abbandonate… Oppure concentrarsi su poche piste ma buone, destinandole chiaramente solo agli agonisti e agli esperti? (in certi casi di fatto è già così)? O cercare di investire, trovare fondi, e crescere? O magari porsi all’attenzione come stazione ‘green’ senza impianti cioè individuare e mettere in sicurezza solo itinerari ufficiali per escursioni a piedi o sci alpinismo? Già lo fece con  successo Villach con la sua montagna Dobratsch, che ora è una sorta di parco giochi naturale, ma in Austria culturalmente siamo più avanti… Anni fa ritenni lungimirante il tentativo di Tonezza del Cimone, nel vicentino, che pubblicizzò il suo impianto solo per allenamenti e gare. Ma dopo poco non si seppe più nulla di questa esperienza. Fortunatamente in quella località arrivò poi il collegamento della zona Fiorentini-Tonezza con Folgaria a salvare provvisoriamente la baracca (fino a quando?). Ma di tali esempi non ne ricordo altri: per forza, data la crisi di vocazioni dello sci agonistico. La pista da gara riservata ha senso quando è sì defilata , ma sempre nell’ambito di un grande comprensorio e magari con illuminazione notturna: esempio di successo è l’Aloch di Pozza di Fassa.  Non ho mai creduto nemmeno nel riposizionamento delle stazioni sciistiche verso le attività outdoor alternative, salvo felici eccezioni ‘drastiche’ come quella citata di Villach. Queste scelte, per aver successo, devono essere drastiche o di contro trainate da comprensori importanti, tant’è che le passeggiate e le slittate vengono molto praticate proprio laddove l’andamento economico è ancora florido come in Alto Adige…Ma già nel disinteresse generale sono state decine e decine le stazioni sciistiche lungo la penisola divenute ‘fantasma’ negli ultimi anni, anche se magari tali stazioni – non facciamo nomi – continuano ad apparire su vecchie guide e data base. Ma perfino nei comprensori consolidati, ridimensionamenti, chiusure e dismissioni si fanno strada in maniera subdola. Conviene dichiarare km di piste doppi del vero e  non correggere le mappe… (sono note al riguardo le lamentele della clientela in zone come Vialattea o Appennino dove nei giorni feriali non tutti gli impianti vengono aperti…ci torneremo  su).

Che fare dunque?  Pur da cosiddetto esperto, ricette non ne ho. Ma l’argomento sta diventando attuale, molto attuale. E lo vivremo, il problema, molto presto. Ci saranno notevoli sommovimenti nei prossimi anni nella rete impiantistica italiana… Sono contrario a interventi pubblici, anche se in effetti le province autonome spesso questo intervento ne godono a svantaggio dei vicini (esempi noti sono al Tonale, o nel Bellunese, dove si invidia la potenza del Trentino e dell’Alto Adige. Credo allora che bisognerà farsene una ragione e accettare una selezione naturale, e lasciare che le cose abbiano il loro corso . A meno di colpi di scena, tipo un nuovo Tomba, o 10 anni consecutivi di tanta neve e freddo, lo sci sarà sempre un po’ in calo, forse terrà anche in termini assoluti, ma il panorama delle località dove si potrà sciare cambierà: il 90% delle piccole non collegate, specie se sotto i 1500 metri è destinato a morire (si salveranno solo alcune dell’Alto Adige, dove lo sci, come in Svizzera e in Austria, ha un ruolo sociale riconosciuto), e l’attività sciatoria si concentrerà su pochi grandi comprensori, ben collegati o di gran nome, oppure in medi comprensori ma con appeal oggettivo e organizzazione perfetta, come ad esempio Paganella Ski che avuto +8,11% di sciatori nelle 124 giornate di apertura nel 2015-16. In un certo senso tutto ciò sta già avvenendo.

I numeri della crisi, con qualche barlume di ottimismo

Ora è un dato certo: le positive previsioni sulla stagione invernale 2015/2016 non si sono avverate a causa di un inizio disastroso, solo in parte rimediato a fine stagione. E così siamo a un decremento di presenze pari al -5,1% e a una diminuzione del fatturato del -5,7% rispetto ai dati dello scorso anno, ma a un ben più allarmante -21,1% se consideriamo il parametro del risultato aziendale (EBITDA); e perfino nei pochi casi di stazioni con presenze in crescita i margini non ci sono più. Lo ha detto Skipass Panorama Turismo, l’osservatorio del turismo montano promosso da ModenaFiere e realizzato dalla società di marketing turistico Jfc che monitora ben 61 stazioni.

Le condizioni meteo hanno infatti condizionato l’andamento di dicembre 2015 e gennaio 2016, mesi nei quali si concentra il 49,3% delle presenze italiane in montagna e il 33,6% delle presenze straniere. Nell’inverno 2015/2016 il comparto ha perso una quota economica di rilievo, pari a 576 milioni di euro, riportando il fatturato al di sotto dei 10 miliardi, e più esattamente a 9 miliardi 527 milioni di euro. Il recupero completo delle presenze e del fatturato grazie al fine stagione è stato possibile per non più del 60% delle destinazioni. Nonostante ciò ci sono le mosche bianche  che tengono e anzi crescono. Per esempio, perfino la bistrattata Cortina, fresca di assegnazione Mondiali 2021, ha avuto il 21% di ‘primi ingressi’ in più sulle piste e ben 1 milione di presenze. “Il primo risultato che emerge è quello di un settore che – nonostante una stagione tra le più difficili dal punto di vista dell’innevamento – continua a generare appeal: quando le cime si imbiancano e l’ambiente assume il fascino tipico della montagna invernale, la tendenza dei si inverte e si proietta in un fine stagione esaltante”, dice Massimo Feruzzi, amministratore delegato di Jfc, lasciando intravvedere qualche barlume di ottimismo in un orizzonte fosco.

Nella foto di Matteo Bottonelli: la situazione assolutamente invernale il 28 aprile scorso a Cortina in Faloria….Un fine stagione che ha risollevato parzialmente le sorti degli operatori

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