Ritorno in curva

Ebbene sì, dopo immemorabili anni sono tornato in curva Andrea Costa domenica scorsa per Bologna-Udinese (si vede che ho portato fortuna: 4-0 e due gol di Mattia Destro, uno dopo 2 minuti). Non che il pathos della gara meritasse uno in più (cioè io) che andasse a tifare dopo anni che non saliva su quei vecchi gradoni, però si dà il caso che fossi fresco fresco di lettura di un saggio molto interessante, che non immaginereste mai fra i miei libri sul comodino negli ultimi tempi:  “Tifo Estremo – Storia degli Ultras del Bologna”, di Giuseppe Scandurra, edizioni Manifestolibri, 2016. L’ho letto avidamente, ritrovando situazioni, riti e personaggi di cui ero stato solo spettatore parecchio tempo fa.

Non sono nuovo a queste letture: un po’ mi sono interessato di subculture giovanili musicali, negli anni dei miei viaggi in Inghilterra. E data la passione per il calcio è stato naturale andare a vedere partite della allora First Division (tipo un noioso Arsenal Leeds 0-0 ad Highbury, London), nonché approfondire l’argomento. Per esempio sono ancora in possesso di questo “Football Hooliganism – The Context, di Roger Ingham, 1978 (oggi reperibile usato su Amazon), che lessi in lingua originale. Poi intorno al 1990 con un amico psichiatra appena laureato incontrammo un sociologo dell’Università di Bologna, Antonio Roversi (figlio del poeta Roberto): lo intervistammo  per una ricerca che volevamo fare sull’argomento e magari per collaborare (lui è stato autore fra gli altri di “Calcio, tifo e violenza: il teppismo calcistico in Italia” intorno al 1990, e di vari altri saggi sul tema, scomparve nel 2007), ma poi non se ne fece nulla.

Tornando al libro,  “Tifo Estremo” racconta la vita quotidiana, sugli spalti come nei quartieri e nei circoli di ritrovo, di un gruppo di ultras del Bologna calcio. Le loro storie, il loro punto di vista, il loro “credo” sono al centro di questo testo che è frutto di una ricerca sociologica effettuata tra il 2012 e il 2015 da Giuseppe Scandurra in collaborazione con Leonardo Tancredi, frequentando la curva e raccogliendo moltissime testimonianze in presa diretta.

Le prime formazioni ultras in Italia nascono attorno agli anni Settanta, un po’ dopo le formazioni organizzate inglesi. Allo stesso tempo, però, presentano caratteristiche del tutto dissimili. Una “carriera” ultras in Italia infatti portava con sé connotati politici e ideologici sconosciuti ad altre realtà di tifo estremo, mentre in Inghilterra prevaleva il concetto della gang territoriale e della forte identificazione con la città o il quartiere (un po’ meno politica, ma ben più violenza, rivingorita dal tasso alcolico). Personalmente, ricordo la nascita dei Commandos Rossoblu e subito dopo degli Ultras, divenuti poi Forever Ultras, credo intorno al 1976. Non so se lo striscione sempre appeso alla barriera della curva, in basso leggermente verso i distinti, sia ancora quello originale (non credo), ma di sicuro la grafica è la stessa da moltissimi anni, forse fin dalla fondazione. Ricordo che certi ‘capi’ li si guardavano con rispetto e ammirazione (ricordo bene la mole del ‘Bimbo’ Roberto Melotti e il suo basco, al personaggio, scomparso nel 1994, c’è anche una pagina facebook dedicata da un amico ricca di foto d’epoca) anche se noi eravamo i cinni buoni, che non si mischiavano in certe cose. Ma è indubbio che la curva e le sue dinamiche esercitino un certo fascino anche in insospettabili ragazzi tranquilli, tipo me al tempo. Magari non si menava, e si stava alla larga da situazioni di pericolo, ma i cori ‘contro’ si gridavano con gusto. E i ricordi, specie delle trasferte, sono assai  vividi (vedi il mio pezzo qui sulla trasferta a Firenze), e vi assicuro che andare in corteo dalla stazione di Verona al Bentegodi mi è rimasto ben impresso come impresa veramente ardimentosa.

Oggi attraverso questa originale ricerca, possiamo renderci conto del rapporto tra politica fuori dallo stadio e dentro la curva, dei modi attraverso i quali specifici gruppi di tifosi estremi costruiscono la loro identità territoriale, degli strumenti di cui fanno uso per conquistare l’egemonia dentro lo spazio ristretto della curva, delle strategie di sopravvivenza economica. E poi ancora, sulle pratiche di resistenza contro nuove e sempre più consistenti politiche repressive a livello nazionale e internazionale, sulle divisioni e gli scontri all’interno della curva stessa fra fazioni diverse: tutto questo è al centro di tre capitoli che raccontano quarant’anni di storia del tifo attraverso un metodo scientifico etnografico.

La storia degli Ultras del Bologna e della Curva Andrea Costa ora Bulgarelli, peraltro, è ben più articolata e sfaccettata di quanto un profano possa pensare. E se siete curiosi di ricostruire le vicende che portarono dagli Ultras ai vari Mods, Freaks, Supporters e Vecchia Guardia, è un libro da leggere.

(qui sotto il Bimbo, dalla pagina facebook a lui dedicata da un compagno di curva; e sotto una nuova leva immortalata da me domenica…)

Giuseppe Scandurra insegna Antropologia Culturale presso il Dipartimento di Studi Umanistici – Università di Ferrara. Ha pubblicato numerosi saggi e volumi in tema di antropologia urbana. Tra le sue ultime pubblicazioni Tranvieri. Etnografia di una palestra di pugilato (con F. Antonelli, 2010), Memorie di uno spazio pubblico. Piazza Verdi a Bologna (con E. Castelli, L. Tancredi A. Tolomelli, 2011), Tracce Urbane (con A. Cancellieri, 2012). Attualmente sta conducendo uno studio etnografico sul rapporto tra “Primavera Araba” e mondo del- l’arte in Tunisia. Membro del comi tato scientifico dell’Istituto Gramsci Emilia-Romagna, del gruppo di studio transdiciplinare Tracce Urbane (www. http://www.tracceurbane.professionaldreamers.n et), co-direttore del Laboratorio di Studi Urbani-Università di Ferrara (http://sea.unife.it/lsu) e della rivista “T.U. Italian Urban Studies Review”.

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