Verdicchio experience part II+Max Poggi

Dicevo del Verdicchio, che secondo me è il vero grande vino bianco italiano da cui mi sento pienamente rappresentato come wine lover e anche come appartenente alla categoria dei produttori (non di Verdicchio ovviamente: per inciso, ci farei una firma grande così se entro 10 anni il Pignoletto raggiungesse i livelli del Verdicchio, ma qui andiamo pericolosamente fuori tema). Ne ho avuto una riprova facendo la conoscenza di una bella realtà, la Tenuta di Tavignano, nella zona di Cingoli, provincia di Macerata (ma ancora parte dei Castelli di Jesi), caratterizzata dal balcone delle Marche, il monte San Vicino.

In questa azienda dalla misurata attitudine mediatica non c’è nessuno dei titolari che proclama di sporcarsi le mani con i rimontaggi in cantina o di lavorare 16 ore al giorno in vigna, e l’ormai spregiato professionista enologo non viene tenuto ‘nascosto’ come è di moda fare ora, ma di enologo ce n’è uno giovane, molto preparato e serio, addirittura fisso che rappresenta un po’ la voce tecnica della proprietà (si chiama Giulio Piazzini), e poi c’è un consulente che è Pierluigi Lorenzetti. Sì, va bene, l’azienda è di persone che avevano una certa disponibilità economica e che sono ora brave a delegare e gestire (ma non è un delitto): fu rilevata una quarantina di anni fa da un ingegnere, Stefano Aymerich di Laconi, che con la consorte Beatrice Lucangeli, dagli anni ’90 la fece poi decollare nella produzione di qualità. Oggi, nella compagine, è stata coinvolta anche la nipote Ondine de La Feld, che sicuramente darà un tocco cosmopolita all’immagine.

Veduta aerea Tavignano modificata

Fatto sta che l’azienda, 30 ettari in conversione biologica, e il sito in cui si trova – una dimora ottocentesca in un contesto curatissimo su un tipico poggio –  sono dei gioiellini. E i vini vanno dritti verso l’eleganza e la piacevolezza, e la sobrietà, come piace a me. Non sono sulla bocca di tutti, ma i loro bravi riconoscimenti li prendono sempre (nel 2016 Grande Vino Slow Wine, tre bicchieri Gambero Rosso, 5 grappoli ecc.).

Li ho assaggiati in accompagnamento a delle creazioni di – scusate se è poco – Max Poggi, appena approdato verso una sua nuova avventura rilevando l’ex  ‘Sole’ a Trebbo di Reno (per chi non sapesse, frazione di Castelmaggiore poco a nord di Bologna)…

Misco Selezione Classico Superiore doc Castelli di Jesi 2015 e 2014, poi Misco Riserva Classico docg Castelli di Jesi 2013 e 2011:  mi hanno convinto. Vini non pesanti, ma di sostanza, da uve raccolte a mano in più passaggi (in leggera surmaturazione per quanto riguarda le riserve, se ben ricordo, o almeno a giusta maturazione non solo tecnologica) e affinati in acciaio, sulle fecce, dopo fermentazione a temperatura controllata (anche questo non è più di moda raccontarlo…), in certi casi preceduta dalla macerazione pellicolare a freddo di 4 o 5 ore in pressa o in vasca, questo non lo ricordo. In apertura invece abbiamo assaggiato niente meno che un nuovo frizzante sui lieviti, il Pestifero, presentato in una bottiglia più moderna. Comunque questi verdicchi con l’antipasto ‘lumache  e ortiche’, assai saporite, o con lo spaghetto allo scoglio con frutti di mare e brodetto di pesce, con un vero ‘scoglio’ salmastro verde accanto al piatto.. mmm.. sono stati super. (Altro inciso: questo piatto l’ho poi riordinato da Max quando ci sono tornato pochi giorni dopo, assieme al piatto un po’ artusiano dell’anguilla impanata nella semola e fritta, con salsa di pomodori e polvere di pomodori essiccati). Ma che dire dei tortelloni (ini?) di carciofo in brodo di scampi…D’altronde Max nella sua cucina manifesta chiari rimandi e riconoscimenti alla tradizione (in carta c’è peraltro anche il tortellino classico), pur facendo parte della schiera degli chef contemporanei dotati di tecnica ed esperienza, bandiera di un ‘nuovo modo’ di fare ristorazione a Bologna.

Spagheti allo scoglioCappelletti di carciofi e brodo di scampi

Torniamo ai vini.  Mi ha impressionato davvero anche il rosso della Tenuta di Tavignano, il Rosso Piceno doc Libenter (Montepulciano al 75%, Sangiovese al 25% e Cabernet Sauvignon per il resto), che ha accompagnato un ottimo  agnello grigliato alle spezie.

Agnello grigliato alle spezie

Questa di Tavignano non sarà una cantina  trendy, ma lavora molto bene, con un approccio artigianale ma senza approssimazioni né estremismi. Promossa (e ovviamente promossissimo anche Max Poggi).

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