Campiglio è sempre Campiglio…
Quando ritorno a sciare in un posto famoso dopo un po’ di tempo, più o meno, mi viene sempre in mente lo stesso tipo di attacco o titolo. St. Moritz è sempre St. Moritz, Cortina è sempre Cortina… e adesso Campiglio è sempre Campiglio. Sì, proprio così. Se una località è famosa c’è un perché, per quanto non manchino i rosiconi detrattori. Sempre bella Campiglio. Molto bella. Migliorata negli anni. E di certe visioni, di certi panorami non ci si stanca mai… sciare con il Gruppo del Brenta di fronte è sempre qualcosa di magico. Quei pianori tormentati di rocce, gobboni, salti e pareti del Grostè, inondati dall’ultimo sole del pomeriggio, poi sono uno spettacolo per il quale la scontata parola ‘mozzafiato’ non sarebbe più tale, anche se le piste alte di questo plateau non sono mai state le mie preferite per la troppa gente e il piattume. La mia ultima sortita in Val Rendena ha avuto come scusa l’opportunità di vivere da spettatore una gara classica di Coppa del Mondo come lo slalom della 3tre (edizione n. 69!), in programma la sera del 22 dicembre scorso. Beh, vado su a Campiglio a vedere una gara e non metto gli sci? È ovvio che sì. Così mi sono fatto una intera giornata a testare quasi tutte le piste principali (tranne che quelle della zona Patascoss Canalone Miramonti interessata dalla gara), con una puntata rapida anche su Folgarida e Marilleva.
Rispetto a qualche anno fa le piste mi sono sembrate ancora più perfette, i collegamenti sempre più sicuri e razionali, e i muri che una volta facevano paura sono stati un po’ ammorbiditi (o forse sono io che sono migliorato come il buon vino?). Le mie preferite rimangono la Malghette e la Genziana, zona tra l’altro potenziata come larghezze sciabili e come impianti, senza dimenticare le ‘Nubi’ d’Oro e Argento. Citare le nere come Amazzonia, Spinale ecc. mi sembra finanche banale, ovvio che sono sempre una sfida. L’aspetto complessivo della stazione, come paese, mi è sembrato sempre più splendente, curato, scintillante.
Vi spicca a prima vista l’alto livello complessivo degli hotel, tutti rimodernati e ristrutturati, ormai a livello di Alto Adige e Austria. Se devo essere sincero, rispetto all’Alto Adige e alle stesse zone trentine del Dolomiti Superski, ancora una piccola differenza c’è, e la vedo in fatto di rifugi e baite. L’offerta potrebbe essere un po’ più ricca e sfaccettata, anche se non mancano eccellenze, come il rivisitato Chalet Spinale (già Fiat).
Comunque poche storie: Madonna di Campiglio è assolutamente degna di rientrare nel novero delle grandi destinazioni internazionali, come autentica eccellenza italiana. Come del resto ha dimostrato l’aspetto organizzativo della tappa di Coppa del Mondo, seguita dal vivo da circa 12.000 spettatori, in maggioranza italiani, ma con qualche fan club da Svizzera e Austria. Tutti, me compreso, speravano in qualcosa di meglio dagli azzurri 813 Tommaso Sala, 18 il grande ‘Razzo’ Giuliano Razzoli, ma nel mondo dello sci c’è spazio per un sano e cavalleresco tifo che ha salutato con grandi applausi la terza vittoria su questa pista anche per il rossocrociato Daniel Yule (3 volte come Tomba e Kristoffersen, 5 volte per Stenmark).
E che questo per me fosse l’anno giusto per la 3tre lo dimostra il fatto che un mese prima avevo partecipato anche alla sua presentazione in una location del tutto inedita come la Casa Museo Savini, in zona Castiglione alta a Bologna. Questa sì un’altra scoperta anche per noi bolognesissimi. Una villa del 1964 ancora moderna, completamente arredata da pezzi d’arte e artigianato da tutto il mondo e mobili particolari di antiquariato e design, nella quale gli ambienti diventano una sorta di Wunderkammer che si replicano uguali eppur diverse. Cosa c’entra con Madonna di Campiglio? Le attuali proprietarie e curatrici della Casa Museo sono figlie di Renzo Savini, amante, studioso della storia della Val Rendena e di fatto quasi un ‘testimonial’ della località fin dagli ‘70, nonché collezionista e artefice della Casa Museo di Bologna (www.casamuseorenzosavini.it).