E il protocollo sci te lo do io…

Come vedo lo sci 2020/21 in tempi di pandemia? Se riprendete in mano il mio l’articolo precedente sul tema, scritto a maggio scorso con una situazione ben diversa dall’attuale (http://bestroutes.it/lopinione-cosi-vedo-lo-sci-nel-2020-21/), scoprirete che dei 3 scenari da me ipotizzati, il più realistico si è rivelato il numero 3. Oggi, 24 novembre,  lo sci è il trend topic del giorno, come a Ferragosto erano le discoteche. Roba da ricchi scemi e scriteriati… E invece… Toh, la cosiddetta grande stampa si è accorta del ‘problema’, e così pure, finalmente, il  CTS e il Governo. In fondo sono solo 2 milioni di praticanti, centinaia di località sciistiche, migliaia e migliaia di strutture ricettive, di ristorazione e di servizi connessi, milioni di presenze di cui gran parte dall’estero… Che volete che sia.

Bene. Ora riadatto di poco qui di seguito la mia soluzione 3 proposta nell’articolo vecchio, per ricavarne la mia personalissima proposta di “protocollo-sci”, che guarda caso non si allontana di molto da quanto hanno elaborato le Regioni alpine e appenniniche proprio ieri. In più, io confido sul buon senso dei clienti-utenti:

Code

Premesso che questo è il classico problema più percepito che reale (come noi dell’ambiente sappiamo bene, le code ci sono mezzora al giorno, qualche giorno dell’anno, solo in certe stazioni, grazie agli impianti di nuova generazione), certamente sarà saggio organizzare la prevendita di skipass on line in prevendita e/o un adeguato potenziamento casse; inoltre, servizio d’ordine in determinati orari, specie nei punti di arroccamento da valle con funivie e cabinovie. Poi, cercare di dirottare parte degli sciatori su altre direttrici di arroccamento o situazioni intermedie più a monte con mezzo privato, ove e quando possibile. Credo comunque che ci sarà un’autoregolazione spontanea (e molta meno gente nelle stazioni sciistiche): chi ha voglia di ammassarsi? Una coda di 100 persone a 1 metro o più l’una dall’altra ‘sembra’ lunga ma è più ordinata e richiede lo stesso tempo.

Impianti

In quelli coperti (cabinovie e funivie) e skibus: auspicabile 50% della capienza, salvo 70% in casi particolari e 100% in casi di emergenza. Nessuna limitazione per seggiovie e skilift, dove ovviamente devono sempre essere gestite eventuali code. 

Itinerari alternativi

Favorire nei grandi comprensori l’utilizzo di impianti e itinerari ‘minori’ o più decentrati, attraverso app, mappe, avvisi, promozione specifica.

Mascherine

Da indossare nelle code, su impianti chiusi, dentro le stazioni e ovviamente in situazioni eventuali esterne ove ci sia necessità. Per il resto, il normale abbigliamento da sci garantisce protezione.

Ricettività, ristorazione, bar in valle/paese

I protocolli attuali sono sufficienti. Starà al singolo esercizio non favorire assembramenti e a rispettare in generale le regole.

Ristorazione e bar in quota

Protocolli attuali. Solo posto a sedere assegnato e/o prenotazione, preferibilmente esterno. Auspicabile, ma un po’ difficoltosa la prenotazione obbligatoria, ma in caso di maltempo non si potrà rifiutare l’accesso… Non per niente si chiamano rifugi. No apres ski ‘come una volta’, ma aperitivi e drink solo con posto a sedere distanziato.

Passeggiate, escursioni, slittino, sci di fondo, sci alpinismo

In pratica, stessi protocolli dell’attività sportiva individuale all’aperto. Nessuna limitazione, salvo situazioni particolari di assembramento (ad esempio, afflusso eccessivo su un percorso con strettoia o salita ripida ecc.). In gruppo si deve procedere distanziati. Per molti osservatori e opinionisti, soprattutto ‘da divano’ (ma non solo), la pandemia deve essere l’occasione per rivedere il modello montagna attuale, promuovendo queste cosiddette attività alternative. Non sono troppo d’accordo. Anche queste sono sicuramente auspicabili e meritorie, ma sono per forza complementari. Non vedo contrapposizione e mi infastidisce l’attribuire una presunta superiorità etica e ambientale al ‘non solo sci’. Lo sci traina tutto il resto, che senza lo sci non esisterebbe o quasi, e comunque ha un ruolo marginale. Il modello ‘no impianti’ si realizza comunque con qualche successo in casi eccezionali. Cito a memoria Val di Funes, Alpe di Villandro-Velturno e Valle di Casies in Alto Adige, Dobratsch in Carinzia, vari posti in Svizzera. Ma sono eccezioni. Un’ultima annotazione: da un punto di vista ‘contagi’, 10.000 persona su un comprensorio da 100 km di piste e 30 impianti sono come 300 persone ansimanti in fila su un unico sentiero. O no?

Commercio e servizi in valle

Protocolli normali delle zone gialle

Periodo

Ovviamente, spero che si apra almeno da prima di Natale, ma ‘mi accontenterei’ anche di un rodaggio dal 7 gennaio, per poi entrare a pieno regime, magari con meno limitazioni, a partire da febbraio.

 

Insomma, è tanto difficile? E’ così scandaloso? O c’è un giudizio di fondo ideologico-moralistico sull’opportunità dello sci, che tra l’altro è uno degli sport più sicuri da un punto di vista ‘igienico’? Temo che sia così… ma spero comunque che alla fine le autorità non vogliano ‘suicidare’ del tutto anche il nostro settore.

 

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: