Ma lo skipass è così caro???
Ogni tanto saltano fuori i detrattori dello sci. Ed è già da un po’ di anni – fin da prima della grande crisi, a onor del vero – che perfino Max Cassani, bravo giornalista de La Stampa e bravo sciatore, sul suo giornale e sui media specializzati critica le stazioni sciistiche per la politica di prezzi skipass, a suo dire, tutt’altro che saggia. E, cavalcando quest’onda, c’è il suo zampino dietro il sito sci gratis.it, sicuramente idea brillante e di successo. Del resto commenti del tenore “Troppo caro”. “Prezzi impopolari”. “Società impianti avide” capita di sentirli fra gli sciatori in coda agli impianti…. Mi sembrano però lamentele da bar sport (ora sarebbe meglio dire da social) che analisi fondate su dati oggettivi. Certo, le società impianti potrebbero fare di più e meglio, ma non mi sembra di poter attribuire a loro soltanto la colpa di una disaffezione del grande pubblico allo sci. L’aumento annuo va dal 2 al 4%, rimarca Max Cassani, più del tasso d’inflazione, quindi ingiustificato. C’è del vero ma non sono d’accordo. Gli investimenti a cui devono far fronte gli imprenditori sono enormi e le aspettative di noi appassionati sempre più pressanti. Non ci basta più una nuova seggiovia, la vogliamo imbottita, riscaldata, veloce…
E’ vero poi che a Zermatt l’internazionale per 1 giorno costa fino a 70 euro, ma al Corno alle Scale, in Appennino, il giornaliero feriale costa 23 euro. In tutte le stazioni medio piccole siamo su questi livelli. E in quelle grosse, per fare un esempio, siamo sui 40 euro o poco più in bassa stagione per il giornaliero a Cortina. Il Dolomiti Superski generale in alta stagione ha toccato solo da qualche anno la fatidica soglia dei 50 euro, ma in bassa siamo sempre sotto. Non poco, lo ammetto. Ma neanche troppo: abbiamo presente cosa costa un Iphone, un jeans di marca, un concerto rock? O che cosa costa… ‘tutto’?
Forse il parere dei malati di sci non conta: ma non è così banale poter andare su e giù per le montagne, ammirare certi panorami, fare sport nella natura. Solo questo, semplicemente il ‘viaggiare’ in quota, da un versante all’altro per un’intera giornata, ‘per me’ 50 euro li vale. Per non parlare del mero divertimento dello sci, inteso come espressione sportiva e tecnica (che è già qualcosa di speciale, di impagabile, e di non spiegabile a chi non scia). Chiaro, non tutti possono spenderli. E allora? Politiche di sostegno alla montagna in senso lato ci stanno, per promuovere la pratica dello sci, la fruizione corretta (e qui il discorso ci porterebbe lontano) e così via, tutti fattori che contribuirebbero a formare prezzi più popolari e a portare gente sugli sci. Ma non possiamo pretendere miracoli né beneficenza dalle società impianti, che tra l’altro generano un indotto importante nella vallate, e mantengono vitali intere comunità di montagna: con gli ovvi benefici che ricadono anche su pianure e città in termini di difesa idrogeologica e più in generale di equilibrio socioeconomico.
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