Suggestioni d’antan e idee visionarie per la Vialattea

Non è solo una questione di soldi o di crisi economica. Forse ci vorrebbe un più ampio piano strategico complessivo. O magari un miracolo: Dio solo sa cosa ci vuole per rilanciare un comprensorio straordinario ma poco valutato e forse anche maltrattato dagli stessi operatori del luogo, come la Vialattea. Ci vorrebbe, chissà, qualche idea un po’ fuori dagli schemi? Le piste hanno caratteristiche tecniche a dir poco eccezionali. Da quelle entusiasmanti dal sapore antico nel bosco, strette e varie, a Sauze d’Oulx, a quelle più ‘moderne’ di San Sicario, fino a quelle classiche e impegnative di Sestriere, per non parlare dei pendii dei Monti della Luna, sopra Cesana, e del collegamento internazionale del Montgenevre. Il carosello è sterminato e variegato (sono circa 280 km di piste, ma ne furono dichiarati fino a 400 negli anni d’oro: ora diversi tracciati sono dismessi). Caratteristiche uniche in Italia, veramente.

Ma la buona volontà di alcuni operatori – ce ne sono di bravi e illuminati, come Giorgio Gros, figlio di Pierino – non basta. Recentemente ho avuto occasione di sciare in lungo e in largo, da solo, e in parte guidato dallo stesso Giorgio. Saltano all’occhio tante cose che non vanno, cose che il grande pubblico, viziato dagli standard delle Dolomiti, non accetta più. Alcuni impianti quasi lasciati morire (come gli skilift Tuassiere e Moncrons nell’estremità orientale di Sauze d’Oulx) che aprono solo il weekend, i cul de sac e gli incroci di impianti senza spazi, le piste strette battute con appena 7 o 8 passate di gatto quando ce ne starebbero almeno il doppio, collegamenti fra aree diventati davvero cervellotici, con impianti addirittura spostati e rimontati altrove… dopo che la ventata olimpica 2006 aveva fatto sperare in qualcosa di ben diverso. Sì, i miglioramenti ci sono, ma sembrano più improvvisazioni che frutto di una progetto. D’altronde, è facile parlare, più difficile è fare, in una crisi come questa che tiene la gente lontano dalle piste (ma la crisi di cui soffre lo sci in Italia è anche culturale – ma questo è un altro discorso). Sui giornali locali periodicamente viene ricordato che la regione Piemonte non fa questo e non fa quello e che la Sestrieres spa, la società che gestisce la Vialattea e possiede buona parte degli impianti, da sola non ce la può fare, pur essendo espressione del mondo ex FIAT. Una società che fa quel che po’, scontando – a suo dire – il vantaggio competitivo delle province e regioni autonome.

Ma non bisogna mollare, non bisogna piangersi addosso. Ci sono tanti innamorati della Val di Susa e della Val Chisone, e qualcuno di loro investe o torna a investire. Ci sono eccellenze e saperi montani formidabili, e i geni di una storia antica non banale, perché queste valli sono percorse e abitate da millenni. Ma alcuni di questi punti di debolezza possono tramutarsi se non in punti di forza, quanto meno in specificità uniche. Sono rimasto sbalordito dal valore intrinseco e dall’emozione che possono dare le piste all’antica, poco più che stradine, nel bosco, come a Sauze d’Oulx. Certo, forse è utopia farle mandare giù al pubblico, ma hanno una poesia unica. Mi ha colpito qui l’esperienza dell’hotel Capricorno: valori affettivi e progetti imprenditoriali creano un mix che mantiene in vita e valorizza semplicemente quel che c’è, con sobrietà. Lo chalet, proprio nel bosco lungo la pista Clotes sotto la seggiovia Lago Nero, nonostante (o grazie a) la sua posizione sulla neve, in quota, rimane aperto quasi tutto l’anno e si propone come buen retiro di charme e di buona gastronomia. C’è una calda atmosfera salottiera di casa, ma conserva quasi orgogliosamente un sapore di villeggiature anni ’70… Molto particolare, ha solo 10 camere, quasi tutte sempre occupate da stranieri. E’ questa la strada da percorrere.

Ma ecco l’idea fuori dagli schemi: creare un percorso tematico storico-sciistico, con punti di osservazione, tabelle esplicative, mezzi interattivi … insomma una specie di percorso museale open air che tocchi (sci ai piedi, ovviamente) relitti di stazioni di impianti, tracciati abbandonati nel bosco, le piste attuali dalla notevole valenza storico-affettiva, come la Clotes o il Canale Colò, e poi rovine di baite e i rifugi storici: prima di tutto quella Capanna Kind nel pianoro di Sportinia che è stata banalizzata negli anni a pizzeria-ristorante (era la base dell’ingegnere svizzero Adolfo Kind, pioniere assoluto dello sci da discesa nei primi del ‘900, che lo sperimentò proprio qui! Sauze d’Oulx e Cesana sono le culle dello sci italiano) e poi della Capanna Mollino , oggi tristemente adibita a ristorante riservato al Club Med.

Sì, ci vorrebbe un altro architetto pazzo come Mollino. Sarebbe il primo esempio al mondo di ‘museo archeologico’ dello sci, ma sul campo…

 

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